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Le carceri dell'Inquisizione: un percorso letterario.

by - 12:14

Nel mese di ottobre nella mia città si terrà una manifestazione culturale che negli ultimi anni ha riscosso grandissimo successo: Le vie dei tesori, ovvero una manifestazione che permette l'ingresso a poli artistici, culturali e museali (spesso magari di difficile fruizione perché in mano a privati) al costo simbolico di uno o due euro.
Nella sua semplice genialità, si tratta di una grande iniziativa per la città di Palermo, che, spinta soprattutto dal basso costo, riscopre alcuni suoi tesori sconosciuti. Anche per me è stata una grande occasione, soprattutto perché alla sua prima edizione ho potuto scoprire il luogo che sarà oggetto oggi del nostro viaggio letterario: Le carceri dell'inquisizione, contenute all'interno del polo monumentale di Palazzo Chiaramonte Steri
Si tratta di un luogo di una bellezza e di una suggestione straordinaria, che per lungo, lunghissimo tempo è rimasto ignoto al pubblico palermitano e non, a causa di un restauro durato davvero troppo (ma se pensiamo che il Teatro Massimo, terzo teatro più grande d'Europa, è rimasto chiuso al pubblico per 24 anni in tempi non troppo lontani, non c'è molto di cui stupirci). 

Raffigurazione di un mostro dal sapore biblico
nell'atto di divorare i peccatori.

La storia di Palazzo Steri è abbastanza tormentata: la costruzione iniziò nel 1307 su committenza della famiglia dei Chiaramonte, nobili che influenzarono a tal punto la vita politica e sociale della Sicilia, e di Palermo in particolare, tanto da far parlare di epoca chiaramontiana. Sconfitti e banditi nel 1392 dagli aragonesi, il palazzo divenne appunto dimora dei re aragonesi prima e dei viceré spagnoli dopo, che per lunghissimo tempo ressero le sorti politiche della Sicilia. A partire dal 1600, sull'onda  della controriforma cristiana, divenne sede del Tribunale dell'Inquisizione, con la costruzione delle relativi carceri e delle sale delle torture. L'Inquisizione continuò ad operare a Palermo fino al 1782,
quando, i sovrani spagnoli ne ordinarono la sparizione e la cancellazione di tutti i documenti relativi all'opera inquisitoria svolta per circa due secoli: un rogo appiccato nell'antistante Piazza Marina (esattamente il luogo in cui veniva messa in atto la condanna a morte dei prigionieri) distrusse ogni traccia, oggi più che mai preziosissima, del loro operato.

Cavuru e fridu sentu ca mi piglia
la terzuru tremu li vudella
lu cari e l'alma s'assottiglia

Sento feddro e caldo,
mi ha preso la febbre terzana,
mi tremano le budella,
il cuore e l'anima si assottigliano
Non c'è da stupirsi quindi, se per lungo tempo non si parlò più di questo tremendo luogo; fino a quando nel 1906, uno dei maggiori storici e studiosi di tradizioni popolari d'Europa, Giuseppe Pitrèscoprì nella zona inferiore del palazzo, sotto diversi strati di intonaco, un'intera costellazione di graffiti lasciati sulle mura dai prigionieri dell'Inquisizione. Vi assicuro che entrare nelle celle, guardare, leggere, queste testimonianze è una delle esperienze che più mi ha colpito negli ultimi anni. Pertanto faccio parlare per me le pur poche immagini che possiedo.

La battaglia di Lepanto
illustrata da un pescatore,
Francesco Mannarino.
Come è facile capire molti dei prigionieri  erano uomini di grande cultura, tanto che si sono trovate sui muri molte poesie, in siciliano, latino e persino inglese, e raffigurazioni iconografiche di grande livello e pregio. Non è chiaro se ciò facesse parte di un auto da fé imposto dall'Inquisizione o se derivasse dalla volontà degli stessi prigionieri di trovare conforto e sfogo in tal maniera.

Non è strano pertanto che questo luogo e i suoi misteri abbiano ispirato innumerevoli leggende, ma soprattutto molti scrittori.
Ad esempio, fra i più illustri prigionieri di queste carceri in particolare ritroviamo un personaggio diventato a dir poco leggendario, quello di Fra' Diego La Matina, grazie soprattutto al modo in cui ce l'hanno raccontato diversamente due autori siciliani: Luigi Natoli e Leonardo Sciascia. Scrittori diversissimi e di due distinte epoche, ma che hanno sentito la fascinazione leggendaria della vicenda del famoso frate. 
Ben poco si sa su questo personaggio, anche a causa della distruzione delle carte dell'archivio dell'Inquisizione di cui accennavo prima: originario di Racalmuto (il paese natale di Sciascia) sembra che questo frate fu catturato per ben cinque volte dall'Inquisizione, fino a quando nelle carceri non uccise in maniera brutale  il suo confessore don Giovanni Lopez de Cisneros, fracassandone il cranio con le proprie manette;  per questo nel 1658 venne condannato al rogo. 
Come dicevo, avvolta nella leggenda è la sua storia, soprattutto per ciò che riguarda le origini dell'eresia che lo avrebbe portato nelle carceri. E da ciò deriva la ricostruzione dei due scrittori.

Da un lato abbiamo dunque Luigi Natoli, prolificissimo scrittore di romanzi storici palermitano (autore ad esempio de I beati Paoli,  Coriolano della Foresta, La vecchia dell'aceto) il quale nel suo libro, intitolato appunto Fra' Diego La Matina e pubblicato nel 1923, ci restituisce la seguente vicenda: Fra' Diego, giovane agostiniano, aveva posto sotto la sua protezione una popolana perseguitata dal proprio prete tutore, il quale si serviva della parentela con Don Giovanni Lopez de Cisneros, appartenente ai ranghi dell'Inquisizione, per tenere sotto scacco la giovane, e per perseguitarla ad ogni sua fuga. Da qui deriva il delitto di Fra' Diego, il quale pagò con la vita la libertà della donna.
Si tratta di una ricostruzione evidentemente molto romanzata della vicenda: Fra' Diego non è un eretico secondo Natoli, ma semplicemente un puro di cuore che lotta per la protezione dei più deboli e indifesi; è simbolo della lotta contro lo strapotere spagnolo e della Chiesa. Una ricostruzione affascinante certamente, che larghissimo successo ebbe tra il pubblico, al punto da oscurare quel poco che la memoria collettiva conservava di vero sulla vicenda.

Dall'altro lato invece abbiamo l'animo storico e filologico di Leonardo Sciascia, che come al solito trae a piene mani dalle vicende per farne emergere la verità. Davvero straordinario è allora il libretto che egli ha dedicato alla leggendaria figura del Frate, Morte dell'inquisitore, pubblicato per la prima volta nel 1964. Sciascia vede in Fra' Diego La Matina una sorta di suo antenato ideale, un personaggio destinato a non lasciarlo più, e nella sua opera di ribellione nei confronti dell'Inquisizione (e simbolicamente quindi nei confronti di ogni potere precostituito e imposto) c'è molto dello spirito sciasciano. Tanto che, come egli afferma nella prefazione:


Dirò subito che questo breve saggio o racconto, su un avvenimento e un personaggio quasi dimenticati della storia siciliana, è la cosa che più mi è cara tra quelle che ho scritto, e l'unica che rileggo e su cui ancora mi arrovello [...]  Così succede appena si dà di tocco all'Inquisizione: molti galantuomini si sentono chiamare per nome, cognome e numero di tessera del partito a cui sono iscritti. E non parlo evidentemente, soltanto di galantuomini cattolici. Altre inquisizioni l'umanità ha sofferto e soffre tuttora.

In maniera molto molto polemica dunque si apre questo libretto, e sotto l'insegna di una ricerca della verità, non soltanto storica ma evidentemente anche politica, particolarmente forte. Sciascia si impegna pertanto a ripercorrere, attraverso le documentazioni di studiosi a lui precedenti, la vicenda del frate: il delitto che portò Fra' Diego davanti l'Inquisizione è quello di aver ucciso un notabile della contea che ne aveva insidiato la sorella; la ragione per la quale se ne occupò un tribunale religioso piuttosto che uno ordinario deriva fondamentalmente da un delicato equilibrio di poteri che regnava allora in Sicilia, per il quale si assisteva di frequente ad una sorta di braccio di ferro fra le due istituzioni. Secondo Sciascia poi, le ripetute incarcerazioni non derivarono tanto dal fatto che il frate professasse delle vere e proprie eresie religiose, quanto piuttosto da delle "eresie sociali" contro la proprietà e l'usurpazione di chi deteneva il potere. In ogni caso, la sua triste fine rimane la stessa che già conosciamo.

Ore suo benedicebant
et corde suo maledicebant.
E anche se la ricostruzione dello scrittore di Racalmuto rimane comunque ipotetica, al di là di ogni possibile giudizio di valore che la storia poi restituì a Fra Diego La Matina, di una cosa è certo Sciascia: «Era un uomo che tenne alta la dignità dell'uomo».

Se capiterete a Palermo nel vostro prossimo viaggio, vi consiglio con tutto il cuore di visitare questo luogo straordinario, anche alla luce delle letture di cui abbiamo parlato.

Mappa della Sicilia di autore ignoto.
«In questa cartina di Sicilia ci sono molti errori
e mancano diverse Città e Terri ma non si può
haver tanta memoria. Coi l'ha memoria l'accorderà»



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7 commenti

  1. Tutto quanto estremamente interessante.

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    1. Ciao Giuseppe, benvenuto sul blog! Sono felice che tu abbia trovato questo articolo interessante; come dicevo si tratta di uno dei luoghi più suggestivi della mia città, da scoprire e riscoprire.

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  2. Estremamente interessante questo approfondimento *_* E che spettacolo deve essere Palazzo Steri!

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    1. Felice che ti sia piaciuto :) Si, è una fra le costruzioni più belle e ricche di storia della mia città. Per altro le Carceri dell'Inquisizione ne occupano solo una parte, anche il resto merita particolarmente.

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  3. A me, che da quel sud provengo, fuggitane perché insoddisfatta essenzialmente del modo di "trattare le cose", questa storia che bene descrivi pare una delle mille possibili. Che grandioso spettacolo è questo sud, nella sua bellezza naturalistica e storica, e quanto è parimenti trascurato e sepolto da mille disattenzioni.

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    1. Hai ragione su tutti i fronti. La storia di Fra' Diego La Matina è diventata nel corso del tempo un po' come quella di Cagliostro, tanto leggendaria e tanto nebulosa, e purtroppo a meno che non si trovino delle carte nell'Archivio di Madrid (qualcuna sull'Inquisizione ne è rimasta), tale è destinata ad essere. La staordinaria bellezza del modo in cui ce la raccontano gli autori però credo rimarrà impareggiabile. Sciascia soprattutto (sulla stessa falsariga si pongono ad esempio anche i suoi La scomparsa di Majorana e l'Affaire Moro).
      Per il resto, beh... Il modo in cui vengono "trattate le cose" qui al Sud si dimostra anche col fatto che questo luogo meraviglioso è rimasto chiuso al pubblico fino al 2007. Piccoli segnali di cambiamento si cominciano a profilare, ma provengono sempre dal basso, da pochi cittadini, e mai dalle istituzioni.

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    2. Importante questa risposta dei cittadini, questo darsi da fare, reagire. In Calabria c'è l'apatia più estrema quanto a ciò. In Sicilia, terra delle mie origini tramite mio padre, si muove certamente qualcosa di più.

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