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I ragazzi e la lettura

by - 10:42

Non ricordo esattamente quando ho imparato il significato di certe parole.
A volte mi sembra siano passate delle intere ere geologiche rispetto alla mia primissima adolescenza. A volte mi sembra di dare per scontato il fatto che le ragazze a cui impartisco ripetizioni di latino (tutte tra il 14 e i 15 anni) afferrino sempre il senso delle parole che mi sforzo di pronunciare a fiumi per loro. E difatti capita spesso di incontrare un gap, un cortocircuito comunicativo, tra me e loro. 

Capita ad esempio quando, traducendo, mi chiedono cosa significano parole come «ingiuria», «discredito», «ghermire». E io lì per lì mi stupisco, e mi chiedo come possano non conoscere il significato di parole che, magari non utilizziamo tutti i giorni, ma certamente sono abbastanza comuni. Poi mi dico «Ma magari anche io alla loro età non ne conoscevo i significati e li ho imparati a poco a poco, chissà». Per cui semplicemente spiego e passo avanti.
Capitano però anche cose decisamente più gravi. Ad esempio che, sempre traducendo, siano bravissime a riconoscere un perfetto o un congiuntivo imperfetto latino, ma poi non ne sappiano rendere il corrispettivo italiano. Che si perdano davanti al passato remoto del verbo «dispiacere», al congiuntivo imperfetto del verbo «perdonare», adducendo come scusa il fatto che non si tratta di tempi verbali usati quotidianamente. 
A quel punto ecco che mi vengono i sudori freddi.


Credo sia necessaria una piccola premessa a questo punto. 
Le ragazze che seguo come dicevo sono tutte tra i 14 e i 15 anni. Fanno il liceo classico e il liceo scientifico. Vengono da famiglie dignitosamente benestanti. Abitano in bei quartieri, anche abbastanza signorili. E soprattutto, sono abbastanza intelligenti, e per nulla svogliate. Si impegnano davvero in quello che fanno, hanno il vivo desiderio di prendere bei voti e qualche soddisfazione scolastica. 
Eppure hanno problemi nell'esprimersi al di là del lessico e della morfologia di base della loro lingua, la lingua italiana. Hanno gravi problemi nello sviluppare un discorso logico (soprattutto scritto) che esuli per un attimo dalla linea standard di SVO (Soggetto - Verbo - Oggetto). Spesso non sanno dove collocare gli avverbi, o gli altri complementi, e in che modo organizzare le frasi complesse che contengono subordinate, in modo che siano lineari. A volte, e mi piange il cuore a dirlo, viste tutte le dovute premesse che vi ho fornito, hanno persino difficoltà a leggere frasi che non si limitino a due righe.

Insomma, qual è il problema di queste ragazze? Uno, ed uno soltanto. E non ci vuole un genio per capirlo. Loro non leggono. Probabilmente non leggono un libro per intero dai tempi delle fiabe della buona notte. Certamente non leggono gli Italo Calvino o gli Herman Hesse che gli insegnanti assegnano loro per le vacanze estive. Men che meno leggono i riassunti presenti sul web, perché li chiedono a me i riassunti (immaginate un po' la mia reazione). Nelle loro case, nelle loro camerette o saloni non campeggia nemmeno un enciclopedia del '15/'18 lascito della nonna, che più o meno tutti abbiamo. E quindi, conseguentemente, credetemi che nemmeno i loro genitori leggono. Una volta, la mamma di una delle ragazze mi chiese dove potessi trovare Ragazzi di vita di Pasolini. La loro casa si trova a 100 metri da un mega store Feltrinelli.
Ci credo che hanno serie difficoltà nella loro lingua. E non credo invece che si tratti di casi isolati, o particolarmente gravi. Ripeto, sono ragazze intelligenti, che provengono da un buon contesto e molto volenterose. I casi gravi sono ben altri. Sono convinta che si tratti anzi di un esempio tra tanti. 



Il cortocircuito più grave si innesca quando queste ragazze devono confrontarsi con le strutture di lingue non proprio semplicissime. Non solo, ma anche lingue che esistono esclusivamente sulla carta, che non posseggono più una dimensione orale: il greco antico e il latino. Sono sempre stata convinta che l'arte del tradurre sia il momento in cui più di ogni altro si debba avere la capacità di riflettere sulla lingua, di scomporla, ricomporla, adattarla. E di fronte alle difficoltà di cui sopra, mi chiedo davvero come si possa pretendere ciò da ragazzi con tali problematiche. 
E ancora, sono convinta che il circuito vada ad incepparsi persino nel fatidico momento che è toccato più o meno a tutti al secondo anno di liceo: la lettura de I promessi sposi. Sul serio? Qua non leggono nemmeno il bugiardino dei medicinali e noi voglio buttarli su Renzo e Lucia? Alle volte aiuto le mie ragazze anche con l'italiano, e non vi dico, quanto abbiamo sbattuto la testa sul povero Manzoni.

Certo è che se nei primissimi anni del liceo è questo che si pretende dai ragazzi, allora evidentemente qualcosa di profondamente sbagliato è accaduto negli anni immediatamente precedenti, le scuole medie, la cui importanza non smetterò mai di ribadire. Ricordo abbastanza vagamente quegli anni da me vissuti: anche io leggevo poco, e a scuola come lettura per le vacanze mi lasciavano ripetutamente o il solito Calvino (che io amo, eh! Non vorrei dare un'impressione sbagliata, ma di certo non lo amavo a 13 anni), o addirittura Primo Levi (no, dai, sul serio, ma come si fa?). Poi però un giorno aprì la biblioteca della scuola e iniziai a sceglierli da sola i libri. Ricordo quanto mi innamorai de Il piccolo principe e de L'isola del tesoro. Quelle erano storie che mi interessavano, mi appassionavano, smuovevano la mia immaginazione molto più di quanto non potesse fare Pin del Sentiero dei nidi di ragno o il calvario di Primo Levi ad Auschwitz, per quanto mi dispiaccia ammetterlo. Per altro ai miei tempi, checché ne ricordi, non esistevano i cosiddetti young adult (forse la cosa che vi si avvicinava di più era la collana de Le ragazzine), mentre iniziavano a uscire anche in Italia i primi libri di Harry Potter. E lì l'amore fu incondizionato e totale. 

Nel mio caso fu dunque uno stimolo esterno (l'apertura di un luogo mitologico come la biblioteca scolastica suscitò in tutti noi non poca curiosità) a spingermi verso i libri; una combinazione fortunata di fatti, in fin dei conti. Ma perché non provare a rendere ciò uno stimolo interno al sistema scolastico? Il mercato editoriale ormai pullula di libri pensati per i ragazzi (uno dei settori che negli anni è maggiormente cresciuto, ad onor del vero, a dimostrazione del fatto che non tutti i giovani non leggono), che magari non saranno alta letteratura, di certo non verranno studiati nei prossimi secoli al posto de I promessi sposi, ma pur sempre letteratura sono. La loro prosa non sarà complessa e articolata, ma possono rappresentare un buon punto di partenza per far giungere a poco a poco i ragazzi a Manzoni.


E poco importa se si tratta di storie poco edificanti: ricordiamoci sempre che si tratta di ragazzi,  nella maggior parte dei casi non hanno bisogno di un giovane eroe che combatte da partigiano la resistenza al nazi-fascismo, hanno bisogno di protagonisti imperfetti, sensibili, e cazzari come loro. Certo, è anche vero che non sempre questi libri propugnano modelli (soprattutto nelle dinamiche dei rapporti tra i sessi) del tutto apprezzabili, ma si potrebbe addirittura pensare di trasformare questa "mancanza" in opportunità, stimolando il dibattito, il confronto e quindi il pensiero su quanto si legge, insegnando a non accettare incondizionatamente tutto ciò che è stampato su carta. In ogni caso un discernimento a monte è necessario, sia tra quelli che consideriamo classici, sia tra quelli che consideriamo young adult, c'è tanta robaccia.
Inutile dirlo, certamente, ma a mio parere un ottimo esempio è rappresentato dalla saga di Harry Potter, che non solo affianca una storia appassionante a valori abbastanza edificanti, ma soprattutto evolve nella trama, nello stile e nella lingua di libro in libro, offrendo al giovane lettore quella gradualità necessaria, in grado di accompagnarlo passo per passo nella lettura e nella lingua, nella riflessione e nell'analisi.

Probabilmente non solo gli insegnanti dovrebbero compiere quest'operazione, ma anche i genitori, e tutti noi, che tanto ci divertiamo a giudicare inutili molte di queste pubblicazioni, a indignarci se le vediamo in cima alle classifiche. Eppure dovrebbe confortarci, chi oggi legge dell'amore impossibile di Bella ed Edward un domani leggerà dell'amore impossibile di Anna Karenina e il Conte Vroskij. Di certo non lo farà chi oggi non legge un bel nulla.


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9 commenti

  1. Appoggio in pieno tutto ciò che hai detto. Io ho 21 anni e mio fratello 18, e tra i due sono stata l'unica fortunata abbastanza da sopravvivere al sistema scolastico e imparare ad amare la lettura nonostante tutto. Lui, invece, niente. Tra l'altro questo post mi ha fatto pensare tantissimo a lui perché tra i pochi libri che ha letto c'è stata proprio "L'isola del tesoro", oltre a "20.000 leghe sotto i mari". Insomma, una possibilità ce l'aveva anche lui.
    E sì, non bisogna vergognarsi di leggere niente, specialmente quando si è in tenera età. I professori ci impongono un senso di vergogna, riguardo la narrativa moderna/YA che non considerano vera letteratura. Un senso di vergogna che secondo loro può essere sanato solo dalla lettura dei classici, che invece ci rendono ostili ponendoli su un piedistallo. Tutt'ora ho paura di avventurarmi nella lettura di un classico, come se con le mie mani potessi sporcarlo. "E se poi non mi piace?" mi domando. "Sarebbe la conferma che sono stupida?"
    Niente, questo tuo post mi è piaciuto proprio tanto. Mi ci voleva proprio, ahahah! Spero che qualche professore lo legga.

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    1. Sono davvero lieta di aver fatto breccia con questa mia riflessione :)
      Anche il mio percorso di lettrice è stato simile al tuo: ribellione e/o odio nei confronti dei grandi classici imposti a scuola che si è trasformato in conseguente timore nei confronti dei classici durante l'adolescenza vera e propria, mentre preferivo abbandonarmi ai bei thriller o romanzi storici, che di solito la gente definisce robaccia, ma che mi appassionavano davvero tanto.
      Costruire un canone di ciò che è bello e ciò che non lo è, ciò che è letteratura e ciò che non lo è, non serve davvero a niente. Lasciare che ognuno compia il proprio percorso di letture, giungendo autonomamente a vette più alte (o anche no, figuriamoci! Che male c'è se preferisco leggere per tutta la vita roba più leggera? Meglio che non leggere affatto!) è fondamentale invece per la costruzione di noi stessi.

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    2. Questo post mi ha colpita tanto che l'ho inviato anche al mio professore d'italiano preferito durante il liceo, e l'ha apprezzato molto anche lui. Comunque volevo farti sapere che, se t'interessa, ti ho nominata per il Liebster Award. Per informazioni: https://thehatequeen.blogspot.it/2016/05/se-cera-una-cosa-che-non-mi-aspettavo.html
      Ciao! C:

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    3. Ma che emozione ^^ Sia per il fatto che hai girato il post al tuo professore, sia per la nomination! Corro subito a dare un'occhiata :)

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  2. Bravissima Roberta, ci vuole (purtroppo!) qualcuno che ogni tanto metta le cose in chiaro.
    Se guardo a me stessa, mi rendo conto che sono stati gli anni delle medie quelli in cui ho cominciato a mettere le basi per la Rosa che sono adesso: le cose che impari in quegli anni, ti restano appiccicate, incollate, quindi ci vuole qualcuno che sappia coinvolgere, che sappia trasmettere entusiasmo. E ci vogliono libri, anche uno ogni due mesi, ma ci vogliono e, soprattutto, ti devono conquistare il cuore.

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    1. Assolutamente anche per me la preadolescenza ha avuto un'importanza simile. È un'età cruciale sotto tantissimi aspetti. Sono gli anni in cui iniziamo a compiere le nostre prime, certo limitate, scelte autonome; in cui gettiamo le piccole, timide basi per la costruzione di noi stessi. Si sottovaluta ancora tantissimo quest'età, che per altro sembra giungere sempre più precocemente!
      I libri sono certo essenziali, e non solo per le problematiche comunicative e linguistiche di cui parlavo all'inizio del post, ma anche per la costruzione di un immaginario di base che può davvero influenzare il nostro futuro, non solo di lettori.

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  3. Uhu, tema caldo e delicatissimo. Sulla Mayer andrei coi piedi di piombo, ma indubbiamente Harry Potter o simili sono degnissimi di entrare a scuola; sono sempre contenta se vedo un'alunna distratta perché sta leggendo uno YA, piuttosto che continuare a richiamare chi non fa altro che smanettare sullo smatrphone e, infatti, cerco di mostrarmi interessata a tutti i volumi che passano per le mani di questi giovani, rari lettori, anche se non li leggerei né li avrei letti alla loro età. Bisognerebbe valutare di volta in volta cosa, nella marea di libri del mercato, sia didatticamente utile e cosa non lo sia... alcuni libri pensati per ragazzi sono veramente osceni e pieni di errori, quindi un insegnante deve garantire un minimo di filtraggio, ma di certo non in relazione al solo genere o con la pretesa di definire un discrimine fra letture di serie A e B... cosa che ho sempre odiato!
    Per la mia esperienza, tuttavia, posso dire che chi non ha coltivato un minimo di amore per la lettura fino a 15 anni difficilmente potrà convincersi a cambiare idea: in classe vedo quotidianamente ragazzi che rifiutano qualsiasi lettura, che si vantano di non leggere e che si oppongono persino alla lettura di libri consigliati ad hoc per i loro interessi, che parlano di loro coetanei e di situazioni analoghe a quelle che vivono o che ritengono comunque importanti.
    Il problema, secondo me, sta nella mancanza di un'educazione letteraria globale, di un rispetto per la parola scritta e per il suo potenziale espressivo che si può coltivare solo con un avviamento precoce. Io ricordo benissimo quando ho imparato i significati delle parole: dapprima era mia madre che, mentre leggevo, mi chiariva i significati, per poi iniziare a farmi riflettere sulle accezioni in base al contesto, il tutto senza che avvertissi il peso di quella complessità. E poi ci sono state le letture scolastiche, anche quelle odiate... e I promessi sposi li ho odiati tanto, ma tanto, inizialmente. Certo, non si può leggere solo Calvino, né pretendere che un quattordicenne lo apprezzi, eppure non c'è stato uno solo, nella mia classe, che non abbia amato, in seconda media, Il barone rampante (mentre abbiamo mal digerito Marcovaldo, al tempo). Bisogna anche considerare che alcuni adolescenti mal sopportano l'idea che si scelgano per loro letture adatte alla loro età, che non si dia loro fiducia: l'anno scorso mi è capitato con Buzzati, che ha colpito molto meno del suddetto barone. Insomma, anche in questo caso, come in generale accade per ogni aspetto della didattica, bisognerebbe personalizzare il più possibile, evitare scelte generalizzate e non aspettarsi da tutti le stesse reazioni... per quanto mi riguarda, la miglior soluzione che ho visto attuata a scuola è quella di ritagliare uno spazio di un'ora ogni settimana o a settimane alternate, nella quale riflettere sui libri, del perché siano piaciuti o meno, o addirittura lasciare agli studenti, a turno, la possibilità di presentare una loro scelta alla classe. E bisognerebbe ripristinare la buona, vecchia abitudine di utilizzare le biblioteche scolastiche fin dalla scuola primaria (almeno nell'ultimo anno) e soprattutto alle medie.
    Scusa se mi sono dilungata, sai che qui sono molto coinvolta... e tu hai sollevato un tema molto importante, come sempre! :)

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    1. So bene quanto tieni a questo argomento e quanto "ci sbatti la testa" essendo in prima linea sul campo! :D
      Quello che suggerivo io, e che forse non traspare benissimo da quanto ho scritto, era proprio quello che intendevi tu: non tanto assegnare determinati libri come letture estive o infrascolastiche (anche perché mi rendo conto che l'autonomia del singolo docente ha un limite, e che non sempre si possono compiere scelte "radicali" in assoluta libertà, senza provocare qualche naso storto o peggio), ma piuttosto ritagliare un piccolo spazio (ad esempio la famosa ora di antologia alle medie) in cui accanto a letture canoniche si pongano altre scelte dai ragazzi, magari dopo che l'insegnante abbia vagliato un ventaglio più o meno ampio come suggerimento, anche perché se non sono completamente abituati a leggere, come dicevi tu, difficilmente avranno lo spirito di autonomia di andare in libreria e scegliere ad muzzum. Senza atteggiamenti censori di qualsivoglia tipo.
      Io non la vedo tanto malvagia la proposta della Mayer, sono convinta che possa essere un buon compromesso per i ragazzi tra quei libri che parlano di amori adolescenziali e impossibili (di solito con un particolare svilimento della figura femminile. Ok, qui Bella non brillerà per autonomia o caparbietà, ma in qualche modo si pone anche lei come eroina), e i fantasy molto in voga negli ultimi anni e stimolanti certamente per l'immaginazione di un ragazzo. Harry Potter ovviamente è il non plus ultra, chiaramente, è letteratura bella e buona, trasversale tra le fasce d'età, ormai facente parte di un orizzonte mitico ampiamente condiviso! Quasi quasi lo rileggerei daccapo persino io!

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  4. Che bell'articolo:) Il tema è interessante, ma complesso. Mi associo ad Athenae Noctua, che sottolinea che, se un ragazzo a 15 anni non si è ancora minimamente accostato alla lettura, è difficile che la scopra nell'adolescenza. Il fatto è che, secondo me, i bambini vanno coltivati, come lettori. Per esperienza vedo che alle elementari si legge molto e libri pieni di fantasia e magia, mentre dalle medie si legge poco e quello che viene assegnato deve essere per forza serio e "impegnato". Là abbiamo il vuoto da colmare. La scuola dovrebbe continuare a stimolare l'immaginazione dei ragazzi (Harry Potter mi sembra un consiglio perfetto) e lasciarli scegliere le loro letture, senza dover assegnare per forza libri impegnativi. Teniamo conto del fatto che ogni lettore ha il proprio sviluppo: c'è chi legge e ama Anna Karenina a 13 anni e chi invece legge solo fantasy a quella età (nessuna critica, io amo il fantasy:)). Comunque, la questione è annosa e immagino che gli insegnanti (quelli veramente appassionati di lettura) le abbiano già provate tutte. Se in Italia si continua ad essere educati a scuola e "diseducati" a casa, la vedo dura...

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